L’ambiente particolare dell’imponente casa del 16º secolo è arricchito da una piccola raccolta di quadri di alta qualità. “Il fenomeno Stampa” è parte del paesaggio e dell’eredità culturale della Valle.
Un minuscolo, quasi invisibile villaggio montano agricolo che si snoda lungo la strada principale, senza una chiesa propria e senza essere neppure capoluogo di Valle, è diventato un concetto importante nella topografia dell’arte moderna.
Giovanni e Augusto Giacometti appartengono ai maggiori artisti svizzeri dei primi moderni. Alberto Giacometti acquisì fama internazionale ed è considerato un artista mondiale. Tutti sono sepolti nel cimitero di Borgonovo: Giovanni e Alberto Giacometti, Diego e Augusto Giacometti.
Che in un paesino dall’aura particolare dove i Giacometti sono cresciuti e hanno lavorato sia possibile un incontro con opere originali autentiche non è ovvio ma è piuttosto da ritenersi un caso fortuito. Così nel 1987-89 il Museo Ciäsa Granda è stato ampliato con un rifugio per la protezione dei beni culturali in caso di guerra o di calamità naturali, uno spazio da allora utilizzato per l’esposizione e la presentazione delle opere della famiglia Giacometti e di Varlin.
La collezione delle opere d’arte degli artisti originari dalla Bregaglia Giovanni, Augusto, Alberto e Diego Giacometti e di Varlin (che trascorse vari anni a Bondo) benché quantitativamente modesta riflette, soprattutto a livello tematico, il loro intimo rapporto con la Valle.
Amiet e Giacometti proseguono la loro formazione a Parigi. Dal 1888 al 1891 studiano all’Académie Julian e frequentano corsi all‘Ecole Nationale des Beaux-Arts.
Nel 1893 Giovanni Giacometti si reca a Roma e a Torre del Greco. Nel 1894 conosce Giovanni Segantini che sarà il suo mentore e lo aiuterà a superare una crisi artistica. Nel 1900 Giovanni Giacometti sposa Annetta Stampa. Dalla loro unione nasceranno quattro figli: Alberto, Diego, Ottilia e Bruno.
Nel 1904 da Borgonovo si trasferisce con la famiglia a Stampa e alloggerà in un’abitazione con annessa stalla che trasformerà in Atelier. Nel 1908 partecipa a un’esposizione itinerante del gruppo di artisti avanguardistici die Brücke.
Nel 1909 la famiglia eredita una casa a Maloja Capolago, sul lago di Sils, dove l’artista arreda un nuovo Atelier. Nel 1912 il Kunsthaus di Zurigo allestisce una mostra importante con 50 opere di Giovanni Giacometti. Nel 1918 è designato membro della Commissione artistica federale. Nel 1920 i musei d’arte di Berna e di Basilea espongono importanti retrospettive. Nel 1922 entra a far parte della Commissione federale della fondazione Gottfried Keller. Giovanni Giacometti muore il 25 giugno 1933 nella casa di cura Valmont di Glion nei pressi di Montreux. Alberto progetta la pietra tombale per suo padre nel cimitero di San Giorgio a Borgonovo.
Veglia, 1901
Olio su tela,
Museo Ciäsa Granda, Stampa, donazione
Si iscrive e studia successivamente disegno all’ Eugène Grassets Ecole normale d’enseignement du dessin. Nel 1902 si trasferisce a Firenze, dove dal 1907 propone all’Accademia Internazionale di Belle Arti corsi di disegno del nudo.
A seguito all’entrata in guerra dell’Italia, nel 1915, torna in Svizzera, a Zurigo dove affitta un atelier nella Rämistrasse. Frequenta i dadaisti Hans Arp, Hugo Ball, Marcel Janco, Sophie Taeuber-Arp e Tristan Tzara. Si associa al gruppo di artisti «Das neue Leben».
Nel 1919 realizza le vetrate della chiesa San Martino di Coira e in seguito riceve numerosi incarichi per l’attuazione di affreschi e vetrate in edifici sacri e profani. Nel 1929, per i 50 anni dell’artista, il Kunsthaus di Zurigo gli organizza un’esposizione comprensiva di oltre cento opere.
Nel 1930 espone nella Galerie Bernheim-Jeune a Parigi e Maximilien Gauthier pubblica una monografia su Augusto Giacometti a cui nel 1932 ne seguono altre due di Georges Charensol e di Waldemar George. Nel 1934 a Zurigo vien pubblicato il servizio radiofonico «Die Farbe und ich» in cui Augusto espone il suo concetto di colore. Nel 1934 diventa membro della Commissione federale per la cultura che presiederà a partire dal 1939. Augusto Giacometti muore il 9 giugno 1947 nella clinica Hirslanden di Zurigo.
Il paradiso, 1930
bozza per la vetrata nord del transetto della chiesa Fraumünster a Zurigo
Museo Ciäsa Granda, deposito
Il 9 gennaio 1922 Alberto Giacometti è a Parigi. Frequenta fino al 1929 la classe di scultura di Antoine Bourdelle all’Académie de la Grande-Chaumière. Nel 1926 prende in affitto l’Atelier nella Rue Hippolyte-Maindron 46 dove vivrà e lavorerà per tutta la vita. Nel 1928/29 conosce André Masson, Hans Arp, Joan Miró, Max Ernst e Alexander Calder e i letterati Jacques Prévert, Georges Bataille e Michel Leiris.
Nel 1930 Alberto Giacometti è accolto nella cerchia dei surrealisti che si muovono attorno ad André Breton e a Louis Aragon. Man Ray presenta Alberto e Diego a Jean-Michel Frank per il quale, Alberto insieme al fratello Diego, progetta e produce vasi, inserti per camini, lampade e applique.
Il ritorno alla concretezza ha come conseguenza nel 1934 l’espulsione dalla cerchia dei surrealisti. Nel 1939 conosce Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir. Durante la guerra dal 1941 al 1945 si trasferisce a Ginevra. Abita nell’Hôtel de Rive dove realizza delle sculture di gesso in miniatura.
All’esposizione del 1951 nella galleria di Aimé Maeght a Parigi seguono numerose altre esposizioni a Basilea, Krefeld, Düsseldorf, Stuttgart, Londra e New York.
Nel 1956 espone la “Femmes de Venise” nel padiglione francese della Biennale di Venezia. Dal 1958 al 1960 rivolge la sua attenzione alla configurazione della piazza antistante la Chase Manhattan Bank di New York. Lì conosce Caroline, donna dalla reputazione equivoca. Nel 1962 ottiene per le sue opere il Gran Premio di scultura alla Biennale di Venezia. Il Museum of Modern Art di New York, la Tate Gallery di Londra e il Louisiana Museum di Humlebæk organizzano nel 1965 delle importanti retrospettive a lui dedicate.
Ernst Scheidegger e Peter Münger producono un film su Alberto Giacometti. In novembre dello stesso anno riceve il Grand prix de sculpture nazionale attribuito dallo Stato francese e l’università di Berna gli conferisce il Dottorato honoris causa. All’inizio di dicembre Alberto Giacometti entra nell’ospedale cantonale di Coira dove muore l’11 gennaio 1966. Il 15 gennaio è sepolto nel cimitero San Giorgio a Borgonovo con grande partecipazione e commozione di amici e conoscenti.
Eli Lotar III, 1965
Bronzo, fusione 1968,
Museo Ciäsa Granda, prestito illimitato
Quando nel 1929 il noto mercante di mobili e arredi d’interni esclusivi Jean-Michel Frank incarica Alberto della progettazione di oggetti d’arredo, Diego lo aiuta e da quel momento diventa il suo più stretto collaboratore.
Nel periodo della seconda guerra mondiale Diego segue dei corsi alla Accademia di arte scandinava e realizza le sue prime sculture di animali e le sue prime opere autonome.
A seguito del ritorno a Parigi di Alberto da Ginevra, Diego diventa assiduo assistente del fratello. Egli potrà dedicarsi completamente alla sua attitudine solo dopo la morte di Alberto. Sarà allora che realizzerà un numero infinito di oggetti per un’immensa cerchia artistica.
Per la fondazione Maeght a Saint-Paul-de-Vence allestisce l’interno del “Café Diego”. L’incarico più importante e più prestigioso conferitogli è l’allestimento degli interni del Museo Picasso aperto nel 1985, per il quale progetta e realizza mobilio, ringhiere per le scale, ferramenta per porte e lampade da soffitto. Diego Giacometti muore il 15 luglio 1985 a Neuilly, vicino a Parigi.
Gatto “maitre d’hotel”
Bronzo, ideato nel 1961, seconda versione 1964,
Museo Ciäsa Granda, donazione
Nel 1932 torna in Svizzera. Fino negli anni sessanta è Zurigo la città in cui abita, in cui vive e lavora. A lungo ritenuto un caso particolare, Varlin è oggi uno tra i maggiori artisti figurativi svizzeri del 20º secolo.
Dopo il matrimonio nel 1963 con Franca Giovanoli, originaria dalla Bregaglia, la Bregaglia diventa il suo domicilio preferito.
Nel 1971 rinuncia definitivamente al suo Atelier di Zurigo e lavora esclusivamente a Bondo dove resterà fino alla sua morte e dove realizzerà imponenti tele.
La sua opera La gente del mio paese costellata da personaggi caricaturistici ironici e nel contempo simpatici e umani è stata donata dagli eredi al Museo Ciäsa Granda.
Il dipinto in formato monumentale impressiona e affascina chi lo ammira. Sempre nella Ciäsa Granda si possono ammirare altre due opere di Varlin: Patrizia sul cavallo a dondolo e Schiffswerft in Clarens. L’uno in forma di deposito, l’altro quale lascito.
Gente del mio paese 1975 – ’76
Olio, carboncino e pennarello su telone grezzo
Museo Ciäsa Granda, donazione